«Il futuro di Napoli non si può decidere a Roma» – Intervista ad Antonio Bassolino

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«Spalletti è un allenatore intelligente. Dopo l’ultima bella vittoria del Napoli, ha detto: abbiamo fatto tanto, ma dobbiamo ancora crescere. Esatto! Come noi. Anche noi, tutti insieme, abbiamo fatto già una bella salita, siamo arrivati più in alto di quanto potessimo immaginare quando siamo partiti. Abbiamo fatto un cammino che, in ogni caso, ci consentirà di essere una forza rilevante in città. Ma noi vogliamo andare oltre: ci siamo candidati per governare Napoli e realizzare una svolta rispetto agli ultimi anni. Per questo motivo, come Spalletti dico: abbiamo fatto tanto, ma possiamo e dobbiamo ancora crescere, nei prossimi giorni.» Sente odore di ballottaggio Antonio Bassolino che, a pochi giorni dalle elezioni comunali del 3 e 4 ottobre, incontra i suoi supporter all’Ippodromo di Agnano insieme a Toti Lange e Anna Canzanella, candidati al Consiglio comunale nella lista “Bassolino per Napoli”. E invita tutti a fare un ultimo sforzo per raggiungere il secondo turno quando, assicura, «la partita sarà ben diversa, perché si dovrà giocare per forza faccia a faccia, tra due.» Dal palco, senza nominarlo, bacchetta Manfredi, che non ha mai voluto confrontarsi con gli altri candidati. «Il conflitto politico, nei giusti limiti, è il lievito della democrazia: solo così la città cresce» dice. E spazza via le polemiche su alcuni esponenti della destra che hanno dichiarato la loro intenzione di votarlo. «Noi chiediamo i voti dei cittadini di sinistra, di centro e di destra, e soprattutto di chi in questi ultimi anni si è astenuto. Chiediamo i voti a tutti senza ambiguità, a partire da quello che noi siamo, dalla nostra identità di persone di sinistra, radicate nel mondo del lavoro, perché questa è la nostra storia e la nostra identità. Noi questo siamo. E proprio perché siamo questo, possiamo rivolgerci a tutti. Perché abbiamo questa forte identità, perché tutti ci conoscono e sanno chi siamo. Da sempre. E intendiamo continuare ad esser persone di sinistra e radicate nel mondo del lavoro.» Poi la stoccata: «È chi è senza una precisa identità che deve vedere bene a chi parla.»

Bassolino, dal palco lei ha detto che si è candidato per governare la città e realizzare una svolta rispetto a quello che è successo a Napoli negli ultimi anni. Cosa pensa vada cambiato?
«La città di Napoli e il Comune sono stati senza una vera maggioranza e senza una vera opposizione. La maggioranza, com’è sotto gli occhi di tutti, si è letteralmente squagliata. Dall’altro lato, però, non c’è stata una vera opposizione capace di presentarsi come alternativa, di pesare e contare in città e in Consiglio comunale. Proprio questa singolare situazione – mancanza di una vera maggioranza e di una vera opposizione – ha potuto far mettere assieme tutto e il contrario di tutto. Perché tutto e il contrario di tutto assieme si spiegano esattamente in questo modo: una maggioranza che si è squagliata e che ha potuto mettersi assieme ad una mancata opposizione. E questo è il modo in cui si è andati alla campagna elettorale. Noi, invece, abbiamo fatto un’altra scelta: poche liste.»

Crede che questo elemento, questa maggiore coerenza che rivendica, possa pesare sulla scelta degli elettori?
«Credo di sì. Noi siamo politici e, a differenza di altri, non lo nascondiamo. Ma, proprio perché siamo politici, sappiamo che, oltre un certo limite, tenere assieme forze politiche, schieramenti e persone è un’impresa disperata. Io, ancora oggi, ho difficoltà quando cerco di ragionare sul numero inaudito di candidati che ci sono, con tredici liste in Consiglio comunale, che vanno poi moltiplicate anche per le dieci municipalità. È un esercito impressionante. Da tenere assieme è un’impresa disperata. Come faranno a governare, come si metteranno d’accordo? Questa formula non può funzionare. Io credo che in questa campagna elettorale ci sia stata una giornata simbolica: il sabato in cui si presentavano le liste entro mezzogiorno. Quel sabato noi stavamo al cinema Modernissimo a presentare le nostre liste e il programma e, contemporaneamente, in un’altra parte della città si prendevano a schiaffi, e in un’altra parte ancora candidate e candidati parlavano contro altri candidate e candidati della stessa coalizione e dello stesso candidato sindaco. E io penso che i cittadini abbiano notato questa differenza di stile, di comportamento. Noi dobbiamo continuare su questa strada.»

Lei fa riferimento alla composita coalizione che appoggia Manfredi. Tra quelle liste, però, c’è anche quella del Partito democratico del quale lei è stato uno dei fondatori. Perché pensa che un elettore del Pd dovrebbe votare per lei e non per Manfredi? Quale messaggio vuole mandargli per convincerlo?
«Dico che noi dobbiamo muoverci ora non per trapiantare a Napoli una formula di alleanze e un modello esterno alla città. Dobbiamo partire da Napoli. E per questo la mia scelta di fare un Patto con Napoli dentro la città. È dalle città che si parte, non si arriva da Roma. Si parte dalle città. Per questo io mi rivolgo a tutti i cittadini, del più diverso orientamento politico, perché spetterà al sindaco eletto dai cittadini fare con il governo Draghi e con il presidente del Consiglio il vero “Patto per Napoli”, che si fa con l’attuale governo e con tutti i ministri dell’attuale governo.»

Lei fu eletto sindaco per la prima volta nel 1993, in un’Italia in piena crisi. Anche oggi l’Italia non se la passa benissimo. Com’era la Napoli di allora, com’è quella di oggi e quale Napoli immagina per il futuro?
«In una situazione del tutto diversa, e con tante differenze, e però quello di oggi è un passaggio delicato come quello di allora. Allora si usciva da Tangentopoli, bisognava rilanciare la città. Oggi si deve uscire dalla pandemia. Allora il G7, che sapemmo gestire bene, fu un momento di ripresa. Oggi il Pnrr può essere per Napoli l’occasione di rinascita, e molto di più.»

In genere, tutti i candidati sindaco affermano in campagna elettorale che si occuperanno delle periferie: spesso, però, le dimenticano una volta eletti. Oggi si ha l’impressione che anche i quartieri storici del centro cittadino siano diventati, in qualche misura, periferie: anch’essi abbandonati al degrado. Qual è la sua idea di città?
«Bisogna immaginare il centro storico non come una friggitoria a cielo aperto, ma valorizzarne l’enorme patrimonio culturale, perché la cultura può creare lavoro e sviluppo. E, al tempo stesso, bisogna guardare e intervenire sulle periferie, anche dal punto di vista concettuale, in modo diverso rispetto al passato. La visione che bisogna affermare è quella dell’area metropolitana, della città metropolitana. Sono tre milioni e mezzo di abitanti. Se noi guardiamo alle periferie come punto estremo di Napoli in senso stretto, è un conto: allora le periferie sono la parte lontana. Ma se invece guardiamo alla città metropolitana, le periferie possono essere aree di connessione e di raccordo tra il centro storico e l’enorme area metropolitana.»

Quindi, è in quest’ottica che va cambiata e ripensata la programmazione per le due grandi incompiute degli ultimi decenni: Bagnoli e Napoli Est?
«Certamente. Cambia tutto, anche dal punto di vista culturale. E proprio le attuali periferie devono essere le aree con servizi di qualità metropolitana.»

Per realizzare questa trasformazione, quella svolta di cui parla spesso, un sindaco non basta. Serve la collaborazione istituzionale.
«Negli anni io ho dimostrato di saper collaborare, a livello istituzionale, con tutti: con De Luca e con Rastrelli, con Prodi e con Berlusconi. E oggi c’è bisogno di collaborare con Draghi. Bisogna aprire con il governo nazionale un rapporto che per noi è fondamentale. Avremo a disposizione importanti risorse, però badiamo: è una grande sfida. Entro i prossimi cinque anni bisogna saperle utilizzare. E per utilizzarle nei prossimi cinque anni – che è esattamente il tempo in cui dureranno in carica il prossimo sindaco, la prossima amministrazione e il prossimo Consiglio comunale – noi dobbiamo ripopolare palazzo San Giacomo, il Comune di Napoli. Ripopolarlo di competenze, di professionalità. Abbiamo bisogno di tecnici, ingegneri, architetti, geologi, esperti. Abbiamo bisogno di persone che sappiano fare gare di appalto, spendere risorse e rendicontare. C’è bisogno di una grande squadra per la città. E noi possiamo farlo, siamo in grado di mettere in campo tante forze.»

Su quali obiettivi prioritari pensa che debbano essere impiegate le risorse?
«Io sintetizzerei il mio programma con le tre “R”. Riparare le cose scassate, Ricucire le ferite sociali – perché la pandemia ha aggravato le diseguaglianze sociali – e Rilanciare la città, la prospettiva di una Napoli aperta, all’Europa al mondo, di una Napoli capitale. Una Napoli che sa collaborare e rispettare le altre istituzioni, ma che sa farsi rispettare da tutti, perché Napoli è Napoli.»

Da settimane lei ripete un mantra: “non succede, non succede, ma se succede…” Se Bassolino dovesse diventare il prossimo sindaco di Napoli, cosa succederebbe in città?
«Se succede è una bella cosa per Napoli e per il Paese. E se succede, cambiano tante cose. Anche nella politica italiana, oltre che a Napoli.»

 

 

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About Author

Antonio Vastarelli

DIRETTORE RESPONSABILE__ Giornalista e scrittore. Gestisce Uffici stampa e dirige il blog ExPost.blog. È stato redattore del quotidiano Il Mattino, collaboratore del Sole 24 Ore, capo servizio di politica ed economia del quotidiano Napolipiù. Il suo romanzo giallo “Dieci piccoli napoletani’ (Fanucci editore - 2019) ha vinto il Premio Massimo Troisi 2020 quale miglior “Scrittura comica edita”.

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