Il rischio, ancora una volta, è che si faccia una frittata. Nella discussione delle ultime settimane sulla scelta del candidato sindaco di Napoli per il centrosinistra, infatti, emergono elementi preoccupanti per i cittadini.
C’è chi ritiene che il prossimo inquilino di Palazzo San Giacomo non debba dare fastidio al presidente della Regione Campania e alla variegata maggioranza che lo sostiene e chi, di contro, pensa che debba salvaguardare gli equilibri nazionali di una coalizione Pd-M5s, che si sta tentando di tenere in piedi, anche in vista delle prossime politiche, non senza difficoltà.
Non sono bastati gli errori commessi dalla sinistra napoletana negli ultimi dieci anni per mettere in guardia i partiti che la compongono da un nuovo passo falso, l’ennesimo sacrificio del destino di Napoli sull’altare di altri interessi.
C’è poi chi ritiene che la drammatica situazione finanziaria del Comune di Napoli, praticamente in dissesto, non meriti il suo impegno diretto. Il che è del tutto assurdo. Perché la città ha tanto più bisogno di qualcuno che la governi, e bene, proprio in un momento di crisi. Questo è quello che penserebbe un candidato che avesse a cuore il futuro di Napoli e dei napoletani e non la propria carriera, il proprio tornaconto. In soldoni: con o senza una legge nazionale che renda meno pesante la situazione debitoria del Comune, c’è bisogno di qualcuno che si assuma la responsabilità di guidare la città al di là del guado.
Quindi, appare evidente che tracciare il profilo del sindaco di cui ha bisogno Napoli è molto facile. Per affrontare la complicatissima situazione finanziaria, amministrativa e sociale che si troverà davanti dovrà essere, innanzitutto, autorevole, coraggioso e autonomo. Questo perché la terza città d’Italia, capitale del Mezzogiorno, merita di essere governata tenendo conto dei suoi bisogni, non degli interessi di bottega di qualcuno, merita di essere rappresentata da chi decide di farsi carico delle sue difficoltà e non da chi pensa di poterle aggirare.
Se è facile, quindi, tracciare il profilo del sindaco che servirebbe alla città, meno facile è trovare l’uomo o la donna che possa corrispondere a quella descrizione, che ne sia all’altezza.
Aggiungerei un’altra caratteristica, per “gusto” personale: non guasterebbe se il prossimo sindaco di Napoli fosse di sinistra. Di una sinistra di governo, capace di affrontare i problemi con capacità amministrativa e impegno riformista, non con furore demagogico. In più occasioni, in passato, la sinistra ha dimostrato di saper governare Napoli con concretezza: non si capisce perché oggi non possa accadere di nuovo. Soprattutto in una città in cui, a differenza di quanto succede in altre realtà, i principali esponenti del Movimento 5 stelle appartengono a quella famiglia allargata della sinistra che fatica a ritrovare un’identità autenticamente progressista.
Ma questo obiettivo potrà essere raggiunto solo in due modi: il primo è la capacità di Pd e M5s di trovare, a livello nazionale, un accordo alto, che spiani la strada ad un candidato sindaco di Napoli autorevole, autonomo e innovativo, che guardi al futuro e non navighi a vista, che ami la sua città e che sia riconosciuto dai cittadini come espressione di un popolo, vicino alla gente, non un automa assemblato in laboratorio. Se questo “miracolo” dovesse realizzarsi, tutta la città ne trarrà giovamento, o quanto meno ottimismo, al pari di una liquefazione del sangue di San Gennaro.
Se questo accordo non dovesse essere trovato, però, la soluzione non può che essere l’apertura dei partiti verso l’esterno, un’operazione che può realizzarsi in tanti modi, ma necessaria. Lo strumento più adeguato, probabilmente, sarebbe quello delle primarie (che già si faranno per scegliere i candidati in altre città). La consultazione della base del centrosinistra, infatti, darebbe la possibilità ai tanti candidati che scalpitano da mesi di confrontarsi con proposte e idee sul futuro di Napoli. I partecipanti sarebbero, inoltre, inseriti in un processo unitario che vedrebbe il vincente diventare il candidato di tutti.
Quel che conta, però, è il coinvolgimento della base. Le primarie sono uno strumento, ma è possibile trovare altre forme per allargare il più possibile la partecipazione, in maniera effettiva e non formale. I partiti sono soggetti indispensabili per la vita democratica, ma bisogna ammettere che, sempre più, la politica si svolge in altri luoghi, soprattutto a livello cittadino. A Napoli sono tante le associazioni, di volontariato, ambientaliste, che promuovono diritti di cittadinanza, comitati civici, cooperative sociali, sindacati. La sinistra non può non tenere conto di questa ricchezza, di questi soggetti che operano quotidianamente sul territorio svolgendo, spesso, un’azione di supplenza rispetto alle istituzioni, grazie all’impegno di migliaia di volontari.
Se la sinistra non è in grado di esprimere un candidato autorevole e autonomo, riconosciuto dalla base, che sia la base stessa a consigliare quello giusto. A volte, i ragionamenti collettivi danno frutti migliori di quelli di oligarchie confuse, chiuse in logiche che poco hanno a che fare con la realtà che le circonda.